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La Carburazione Perfetta, prima parte: Teoria.


A causa della facilità con cui è possibile cambiare un getto, o la tacca dello spillo, sono in molti a cimentarsi nell'arte della carburazione pensando che sia un'impresa facile come lo è regolare un manubrio o una leva. Nonostante io abbia accumulato una notevole esperienza in questo campo, credo ora ancor più di prima che poche materie siano così complesse, e soprattutto insidiose, quanto quella che stiamo per affrontare. Per questa ragione nel presente articolo cercherò innanzi tutto di trattare le indispensabili basi, la teoria, in modo da affrontare gli aspetti più concreti con la necessaria cognizione di causa in un successivo articolo, dove troverete anche informazioni inedite, come la descrizione delle caratteristiche degli spilli, seguito a sua volta da un terzo articolo dedicato agli argomenti più avanzati, come la compensazione della carburazione in base alle condizioni meteorologiche.




Perché (dovremmo) imparare a "fare la carburazione" ottimale?

Alcuni affermano che nell’enduro non abbia senso carburare bene, perché sono tante e tali le variazioni di altitudine e di temperatura, non solo durante l’anno, ma anche durante lo stesso giro, da rendere inutile l’operazione. Per quanto abbiano ragione a dire che alla fine il risultato è sempre un compromesso, è però altrettanto evidente che migliore è il compromesso iniziale migliore sarà il funzionamento del motore in generale, e più ampio il margine di altitudine e di temperatura esente da problemi. Fondamentale è, però, sapere carburare bene i motori, non solo quantitativamente (né eccessivamente grassi, né magri come base di partenza, in modo da tollerare cambi di altitudine più ampi possibili) ma anche e non di meno carburarli in maniera uniforme a tutte le aperture del gas, senza che siano ad esempio grassi in prima apertura e magri a metà gas, perché poi salendo anche poco di quota la prima condizione si soffrirebbe molto e, scendendo di quota, si soffrirebbe la seconda. Partendo invece carburati uniformemente la forbice si allarga notevolmente, e il funzionamento ne giova a prescindere, perché non vi saranno durante l’uso del motore a gas parzializzato accumuli di benzina e poi smagrimenti mantenendo costante il gas a metà, ad esempio nei trasferimenti su asfalto.
Quindi la carburazione è sì un compromesso, ma ciò non toglie che partire dal miglior compromesso possibile dia nettamente un risultato globalmente migliore che trascurare il problema semplicemente perché non si è in grado di ridurne al massimo gli effetti, cosa che richiede una intima conoscenza dello spillo, che è il cuore della carburazione. Impareremo, in questa guida composta da tre parti (teoria, pratica e argomenti avanzati), come ottenere il massimo anche da questo importante aspetto del motore.



Che cos'è la carburazione?

Per funzionare in maniera ottimale i motori a combustione interna necessitano della somministrazione nella giusta proporzione di combustibile vaporizzato (benzina, o miscela olio-benzina nel caso del motore a 2 tempi a lubrificazione a perdere) e di comburente (aria, o meglio, dell'ossigeno contenuto nell'aria).

Questa proporzione, detta anche "rapporto aria/benzina", è teoricamente ottimale quando per ogni 14,7 parti (in massa) di aria abbiamo una parte di benzina, quindi - per fare un esempio - per 14,7 grammi di aria aspirata bisogna aspirare (e omogeneizzare al suddetto flusso d'aria) esattamente 1 grammo di benzina. Vari fattori, ad esempio l'impossibilità in un motore reale di realizzare una combustione perfetta e completa, la ricerca della potenza massima e il contenimento della temperatura di esercizio concorrono a modificare leggermente questo rapporto ideale (detto stechiometrico), di norma facendo preferire nelle competizioni un rapporto inferiore, quindi in eccesso di combustibile rispetto al comburente ottenendo, come si dice in gergo, una carburazione "grassa" o "ricca". In altre tipologie di motori, dove si predilige l'efficienza nei consumi, si utilizzano invece carburazioni "magre" o "povere", ossia con rapporti aria/benzina superiori a quello stechiometrico, quindi in eccesso di ossigeno, in modo da assicurare l'ossidazione (combustione) di quante più molecole di carburante è possibile.
È quindi errato, ma purtroppo si sente spesso, parlare di "vari rapporti stechiometrici" o di "scelta del rapporto stechiometrico": visto che come comburente possiamo dare per scontato l’aria, che è composta per il 20.9% circa di ossigeno, per un dato tipo di benzina il rapporto stechiometrico è sempre uno e uno solo, è fisso e non modificabile.
Di "rapporti aria/benzina" invece ce ne possono essere tanti e diversi, come abbiamo visto (carburazioni più o meno grasse o magre, per la ricerca della potenza, dell'economia nei consumi, o delle temperature di funzionamento più basse, o di altro). Uscendo dal campo teorico, nei motori le cose si complicano un po', e per funzionare al meglio il motore richiederebbe persino degli adeguamenti del rapporto aria/benzina in base al regime, in base al carico, alla temperatura di esercizio e ad altri fattori, quindi non esiste un rapporto aria/benzina ideale per tutti i motori e per tutte le situazioni, ma va trovato in base a una notevole quantità di considerazioni, anche soggettive, legate ai gusti del pilota.
La carburazione, in altre parole, è un'arte, ed è forse l'ultima arte rimasta nel mondo dei motori, dove in linea di massima quando si modifichino delle regolazioni è bene affidarsi a dati oggettivi e strumentali. Ma il fascino della carburazione è proprio questo, è tecnica e arte allo stesso tempo.

NOTA: I termini "grassa" e "magra" in senso assoluto vanno sempre riferiti al rapporto stechiometrico di quel dato carburante. Purtroppo spesso si leggono questi termini utilizzati invece relativamente ad altre proporzioni della miscela aria/benzina, di volta in volta scelte in maniera arbitraria. Ad esempio se il rapporto aria/benzina utilizzato è uguale a 12,6:1 (è generalmente quello che produce la massima potenza nei motori a 2 tempi), è abbastanza comune sentire parlare di "carburazione grassa" per valori inferiori, e di “carburazione magra” per valori superiori, ma è errato: è corretto parlare di carburazione "più grassa" o "più magra", ma non grassa o magra in assoluto, se non quando si faccia riferimento al rapporto stechiometrico (14,7 nel caso della benzina comunemente disponibile presso i distributori), cosa che raramente accadrà per le nostre moto racing a carburatore, specie quelle a 2 tempi, dove si utilizzano rapporti aria/benzina sempre piuttosto grassi. Quindi ha perfettamente senso parlare di "ingrassare" o "smagrire" la carburazione, ma se si vogliono utilizzare i termini "grasso" e "magro" in senso assoluto, il riferimento è sempre allo stechiometrico.

La proporzione tra aria e benzina è un aspetto critico per il corretto funzionamento del motore, ed è molto importante sottolineare che variazioni anche minime, anche nell’ordine di pochi punti percentuali, si avvertono vistosamente e influiscono anche pesantemente sulla guida, rendendo ad esempio la risposta del motore all’acceleratore molto pigra (carburazione più grassa del valore ottimale), oppure pronta e vigorosa (carburazione ottimale dal punto di vista della combustione) o addirittura nervosa/reattiva ma fiacca (carburazione più magra del valore ottimale), mentre variazioni maggiori causano malfunzionamenti (ingolfamento, buchi di erogazione, spegnimenti improvvisi) nel caso di una carburazione eccessivamente grassa, o peggio, danni al motore nel caso di una carburazione eccessivamente magra.



Dispositivi che attuano la carburazione.

Oggi, sulle nostre moto, esistono principalmente due distinte classi di dispositivi atti a regolare la portata d'aria aspirata e quindi controllare la potenza del motore assicurando sempre una omogenea miscelazione di carburante e aria nelle giuste proporzioni: il carburatore e l'iniezione elettronica, quest'ultima si può distinguere in 2 tipologie diverse, quella indiretta e quella diretta.

Il carburatore sfrutta la depressione provocata dall'aria (durante il passaggio nel diffusore del carburatore stesso) per aspirare e nebulizzare il carburante, l'iniezione invece utilizza una o più valvole (dette iniettori) per spruzzare da appositi ugelli benzina pressurizzata, al momento giusto e nelle giuste quantità, immettendola all'interno del condotto di aspirazione (nel caso dell'iniezione indiretta) oppure direttamente all'interno del cilindro (nel caso della più complessa e sofisticata iniezione diretta).



Il carburatore.

I primi dispositivi realizzati per produrre una miscela incendiabile con cui alimentare rudimentali motori a scoppio erano formati da poco più di un recipiente di benzina lasciata a evaporare sopra il quale veniva fatto passare il flusso dell'aria. Questi primi dispositivi, chiamati "carburatori a superficie" o "a contatto", erano sistemi decisamente poco funzionali e furono presto soppiantati da un sistema più evoluto, il "carburatore meccanico", dotato di sistema a vaschetta carburante con galleggiante e ugello atomizzatore, che inventato nel 1885 e brevettato 3 anni più tardi, è arrivato sostanzialmente immutato fino ai giorni nostri. Da qui in avanti ci riferiremo al carburatore meccanico semplicemente come "carburatore".

Nell'illustrazione a destra è possibile ammirare una pagina del brevetto n. 382,585 dell'8 maggio 1888 di Carl Friedrich Benz, ingegnere tedesco considerato l'inventore dell'autovettura, che descrive il carburatore da lui realizzato e poi utilizzato sulle autovetture da lui prodotte. Nel 1926, la Benz si fuse con la concorrente DMG, dando origine alla nuova casa automobilistica Daimler-Benz AG, alla quale è tuttora legato il celeberrimo marchio della Mercedes-Benz, che porta in sé il cognome dell'inventore del carburatore.


Il carburatore sfrutta l'effetto Venturi, fenomeno fisico che lega velocità e pressione in una corrente fluida. Questo fenomeno consente di nebulizzare e immettere nel flusso d'aria da un ugello erogatore carburante aspirato, e già in parte nebulizzato, in quantità proporzionali alla velocità del flusso d'aria stesso. Il sistema necessita di correzioni, altrimenti ai bassi regimi la benzina aspirata relativamente al flusso d'aria risulterà minore rispetto agli alti regimi, ma nonostante la necessità di circuiti correttivi, il carburatore si dimostra un dispositivo semplice e affidabile.
Si potrebbe pensare che più aria si aspira e più carburante verrà risucchiato, mantenendo quindi la necessaria proporzione tra i due. Ma non è così. La massa di liquido aspirato (per effetto Venturi) non è proporzionale alla massa dell'aria che passa dal venturi, bensì alla sua velocità. Accade quindi che se la pressione atmosferica dell'aria diminuisce, come ad esempio avviene salendo di quota, avremo un minore apporto di molecole d’aria e quindi di ossigeno, ma non per questo una pari diminuzione di velocità dell’aria aspirata, che risulterà soltanto meno densa, quindi la quantità di benzina immessa nel motore diverrà ora eccessiva, e ci ritroveremo con sintomi di carburazione "grassa" (eccesso di benzina in rapporto all'ossigeno).

Questo è il limite maggiore del carburatore: è un sistema molto preciso (la risposta è sempre proporzionale alle regolazioni), ma comunque poco accurato (non è in grado di compensare da solo i cambiamenti nella densità dell'aria, o di adattarsi alle non perfettamente costanti necessità del motore (regime, temperatura di funzionamento, ecc..)).



L'importanza della polverizzazione.

Contrariamente a quello che comunemente si crede, la benzina non può bruciare allo stato liquido. Quando una pozza di benzina prende fuoco sono sempre i vapori sopra di essa (miscelati con l'aria) a partecipare alla combustione, mai direttamente il liquido. La combustione è possibile solo se le molecole di ossigeno e di benzina si trovano miscelate tra loro in forma gassosa e si avvia solo all'interno di un certo intervallo di concentrazioni (rapporto aria/benzina compreso all'incirca tra 8:1 e 20:1, ma questi sono estremi improponibili all’interno dei nostri motori da enduro). Se vogliamo quindi utilizzarla come carburante all'interno di un motore, è necessario non solo miscelarla con l'aria nelle giuste, precise proporzioni, ma anche nebulizzarla nel modo migliore possibile, poiché le goccioline di benzina che non vaporizzassero completamente e in tempo utile per partecipare alla combustione usciranno dal motore incombuste, con conseguenze non solo a livello di emissioni inquinanti, ma anche di carburazione stessa, perché si tratta di benzina che è entrata nel motore ma non ha partecipato alla combustione. È evidente che una completa vaporizzazione non solo risolve questi problemi, ma garantisce anche potenza meccanica e rendimento più elevati, perché fa partecipare tutta la benzina alla combustione, anziché espellerla in forma liquida e incombusta nell’ambiente.

Con una cattiva polverizzazione, come avviene nei carburatori con diametro del diffusore eccessivo relativamente alla cilindrata del motore, specie quando utilizzati ai bassi regimi, non si otterrà mai una buona carburazione per quanto si cerchi di regolarla in maniera ottimale. Passando ad esempio da un carburatore con diametro del diffusore da 28mm a uno con diametro da 34mm, la velocità dell'aria che attraverserà quest’ultimo carburatore sarà inferiore, e con essa la depressione sul polverizzatore, quindi sarà necessario montare un getto più grande per compensare la minore depressione ora agente su di esso. Possiamo pensare di aver perfettamente compensato il minor segnale sul polverizzatore utilizzando un getto più grande, lo scenario però non è comunque vantaggioso per la polverizzazione e per altri aspetti. Per quanto montare un carburatore con diametro del diffusore maggiore risulti in una inferiore perdita di carico nel condotto principale e dia quindi dei vantaggi di potenza a gas spalancato (specie ai medi e alti regimi, ossia quelli dove il diffusore più piccolo causa una perdita di carico significativa), non è possibile aumentare il diametro del diffusore all'infinito perché si arriva a un punto in cui non c'è sufficiente incremento di velocità (del flusso d’aria) per aspirare e polverizzare efficacemente il carburante.
La polverizzazione è tanto migliore quanto maggiore è la velocità del flusso passante sopra il polverizzatore, ed è principalmente per questo motivo che un carburatore più piccolo migliora la resa del motore ai bassi regimi e ai transitori, a questo punto dovreste aver capito che nell’enduro un carburatore più piccolo in linea di massima funziona sempre meglio di uno più grande, quest'ultimo invece è preferibile se la potenza (specie ai medi e alti regimi) non è sufficiente, ma anche in questo caso si arriva a un limite oltre il quale anche montando carburatori più grandi non si hanno vantaggi nemmeno in termini di potenza massima. Esistono delle formule per calcolare il diametro del diffusore ottimale in base alla cilindrata del motore e al regime di potenza massima, ma alla verifica pratica sono (molto) meno precise della spannometria, quindi si può affermare che anche la scelta del diametro ottimale del carburatore è un'arte, o meglio una scienza empirica, e che la decisione vada presa sulla base di un compromesso tra una vasta serie di esigenze.

Il mio consiglio è, specie nell’enduro, di stare alla larga da carburatori di grande diametro, a meno che la potenza massima (quindi la prestazione agli alti regimi) attuale del vostro motore rappresenti per voi realmente un limite. In questo caso, vi faccio i miei complimenti.



Il rapporto aria/benzina ottimale.

Come abbiamo visto all’inizio, il controllo di questo parametro è un aspetto assolutamente critico per il funzionamento del motore, e il rapporto aria/benzina teoricamente ottimale è quello stechiometrico (14,7 parti di aria per 1 di benzina). Nel mondo reale però accadono diversi fenomeni interessanti che hanno l’effetto di modificare la carburazione a parità di condizioni ambientali (densità dell’aria), vediamo i principali: 1) al primo avviamento (“a freddo”) si ha la condensazione della benzina sulle pareti, e nel caso del motore a 2 tempi questo include anche il voluminoso carter, quindi la miscela aria/benzina che andrà a far parte della combustione nei primi istanti di funzionamento sarà povera di benzina (perché una parte si sarà separata dal flusso per condensarsi sulle pareti), è per questo motivo che nei primi istanti di funzionamento a motore freddo è necessario azionare il circuito dello starter per apportare una quantità aggiuntiva di benzina; 2) anche col motore “in temperatura”, una parte relativamente cospicua di carburante non partecipa alla combustione (e quindi alla definizione del rapporto aria/benzina per quanto riguarda l’aspetto della combustione), ma si limita a "bagnare" le pareti dei condotti di aspirazione (incluso il voluminoso carter, nei 2 tempi), e anche della camera di combustione e, quando finalmente espulsa, parte di questa benzina sarà ancora in forma liquida, incombusta; 3) come abbiamo visto prima, la benzina non può bruciare allo stato liquido, ma solo sotto forma di vapore, quindi se le goccioline di benzina non evaporano completamente (per via di una cattiva polverizzazione), o se i vapori di benzina ricondensano, tutto ciò che durante la combustione sarà rimasto allo stato liquido non brucerà, e anche la potenza generata risulterà inferiore; 4) un'altra parte di carburante, specie nei motori a 2 tempi, fuoriesce direttamente allo scarico (ma, almeno questa, lo fa in proporzione con l'aria) per effetto del cortocircuito diretto tra travasi e luce di scarico ancora aperta; 5) si assiste a fenomeni di "ricarburazione" (o meglio “ri-arricchimento”), dove la colonna d'aria già passata nel venturi e quindi già arricchita di benzina si trova a tornare indietro (ad esempio "rimbalzando" dopo che il pacco lamellare si chiude), e a essere "ricarburata", quindi ri-arricchita di benzina, anche per 3 volte.. ovviamente si tratta di una parte minoritaria dell'aria transitante per il carburatore, ma è tutt'altro che trascurabile, come si può notare anche dagli inaspettati (perché il carburatore si suppone funzionare a senso unico) residui di benzina che è possibile trovare nel collettore tra carburatore e filtro aria, e su alcuni motori questo fenomeno varia molto in base al regime, con conseguenze facilmente immaginabili. Problemi simili sono presenti anche nel caso di un pacco lamellare che non chiuda bene; 6) gas combusti residui, abbondanti sui motori a 2 tempi, specie a gas parzializzato, per via dei limiti nel lavaggio (sostituzione dei gas combusti con quelli freschi) hanno un effetto ingrassante perché sono in parte ancora ossidabili e quindi sottraggono ossigeno alla miscela fresca.
È chiaro quindi che se in un motore reale dal carburatore uscisse miscela sempre ad esempio con un rapporto aria/benzina di 14,7:1, la carburazione effettiva non sarebbe comunque quella, per via di vari fenomeni come quelli appena elencati.

Per questo motivo ritengo inutile come strumento per "fare la carburazione" misurare (attraverso appositi sensori) il rapporto aria/benzina prodotto dal carburatore; o usare il metodo “wet oil line” (metodo che basa la valutazione della carburazione sulla misurazione del confine tra umido e secco nella prima parte del collettore di scarico); così come l'utilizzo di sonde EGT (temperatura dei gas di scarico) essendo la temperatura dipendente non solo dalla carburazione ma anche dall'anticipo accensione, il quale però può essere funzionale a scopi diversi; o la lettura della candela (strumento che può essere davvero utile in taluni specifici casi, ma che viene usato molto spesso impropriamente o con pretese irragionevoli, ad esempio quando un motore a 2 tempi a filo di gas "trotta" (in gergo si dice che "fa il 4 tempi") in sostanza per via dei gas combusti residui riesce a fare solo una combustione si e una no, raffreddando e sporcando la candela che apparirà scura e bagnata anche in caso di carburazione magra); le sonde lambda (queste in effetti funzionano, soprattutto attorno al rapporto stechiometrico, ma su un 2 tempi non durano a lungo a causa dell'olio a perdere che le rende inefficaci in poco tempo) o i sensori di ossigeno wide band (non sono poi così precisi sui motori a 2 tempi); e anche in considerazione che la carburazione, nei dovuti limiti, è anche soggettiva e legata allo stile di guida e all'utilizzo che si fa del mezzo (ad esempio a regime e gas costante la carburazione non dev'essere troppo grassa, specialmente sui motori 2 tempi quando utilizzati a gas molto parzializzato e quindi con notevoli residui di gas combusti, mentre in fase di accelerazione - specie sotto forte carico - la benzina dev'essere più abbondante), ritengo che sia sempre meglio farla "a orecchio", e che carburare sia una delle ultime vere e proprie arti, se non l'ultima, rimaste nel campo dei motori.



Alcune importantissime regole di base.

Le seguenti regole devono essere sempre ben presenti nella mente del carburatorista:

Parlando di motori a 2 tempi, "grasso" e "magro" sono sempre riferiti al rapporto tra aria e benzina, mai alla percentuale di olio miscela che, paradossalmente, se viene aumentata smagrisce (di poco) la carburazione, perché più olio c'è nella miscela carburante, e meno benzina c'è. È solo e soltanto la proporzione tra ossigeno (che nell’aria è presente nella percentuale pressoché costante del 20.9% indipendentemente dall’altitudine alla quale stiamo girando) e benzina a definire la carburazione. È vero che anche l’olio brucia, ma non lo fa velocemente e compiutamente come la benzina, quindi in assenza di dati precisi che dimostrino e quantifichino il contrario, non si può considerare parte integrante del processo di combustione.

Le carburazioni non si copiano, né dall’amico che ha la stessa moto e vive in altro luogo e dice che con la sua carburazione si trova benissimo, né tantomeno dai piloti con le moto ufficiali. Il fatto che questo o quel campione utilizzi quei getti e quello spillo non significa assolutamente nulla. Voi non girate negli stessi posti, non guidate come lui, il vostro motore non è lo stesso del suo, non sapete come è stato elaborato il cilindro, che testata monti, quale scarico, non sapete nemmeno se monta un carburatore con diffusore da 36mm o da 38mm. La sua carburazione funziona per lui e per il suo motore, ma non funzionerà per voi e il vostro.
Se cercate aiuto a distanza da qualcuno, date sempre quante più informazioni vi è possibile, e assicuratevi che siano precise, perché da informazioni confuse o errate non può generarsi per magia un buon consiglio, e chi dovrà darvelo non ha nemmeno provato la vostra moto o percepito le sensazioni che avete sentito voi, né può leggervi nel pensiero, quindi è vostra la responsabilità di rappresentargli un quadro completo e preciso.
Se fate una foto alla candela (per dare un’indicazione di massima dello stato della carburazione) non usate mai il flash e assicuratevi che il bilanciamento del bianco sia corretto. Per colpa di quest'ultimo una candela in foto può sembrare che abbia girato in maniera nettamente diversa dalla realtà. Se non sapete cos’è il bilanciamento del bianco, la cosa migliore è fare foto all’aperto, alla luce del sole, ovviamente non diretta. Spiegate sempre come avete utilizzato il motore nei minuti precedenti, nessun dettaglio è inutile, purché sia veritiero e preciso (quindi evitate i “penso che..”).

La carburazione va "fatta" (modificata e quindi valutata) solo ed esclusivamente, senza eccezioni, col motore in temperatura e con la candela "ripulita" da eventuali residui carboniosi (questo vale soprattutto per i 2 tempi, che ogni tanto – specie se grassi - vanno portati sotto carico ed “in coppia” per ripulirli dai residui di benzina incombusta precedentemente accumulati, specie a motore solo da poco entrato in temperatura).
Si fa sempre e rigorosamente solo ed esclusivamente una modifica alla volta, tranne se si è esperti e si sa veramente bene quello che si sta facendo. Non è certamente il caso di chi sta sperimentando o cercando di affinare una carburazione, fosse anche un esperto carburatorista, e – specie se sta carburando le piccole aperture del gas (dove si incrociano vari circuiti) – dovrà fare e valutare attentamente soltanto una modifica alla volta.

Il confronto tra 2 carburazioni si fa tassativamente a brevissima distanza temporale (minuti!), mai il giorno dopo o peggio il mese dopo, e nemmeno si prova una al mattino e l'altra al pomeriggio (lo sapete come cambia la temperatura in quelle poche ore?), e - repetita juvant - sempre solo dopo aver portato in temperatura il motore e averlo “pulito” bene. Non ci devono essere eccezioni a questa regola. E si fa negli stessi posti e rifacendo esattamente le stesse prove fatte con la carburazione precedente, altrimenti non riuscirete mai a cogliere le differenze, specie le più sottili, tra le 2 carburazioni che state cercando di confrontare.

La temperatura di esercizio del motore non dipende soltanto dalla temperatura ambiente, ma molto anche dall'utilizzo che si fa del mezzo, e da come è carburato. Sotto sforzo continuo (es. gara in salita, ma anche su sabbia o fango molto pesante) il carico sul motore e quindi la sua temperatura risulta più elevata, e questo esige (a parità di temperatura ambiente) una carburazione più grassa. Idem se si prevede che il motore si surriscalderà (es. gare in pianura, con poco carico, ma costantemente a manetta), quindi in linea di massima un pilota più veloce necessiterà di una carburazione più grassa rispetto ad un amatore, in particolar modo se quest’ultimo usa molto il gas costante, su una moto a 2 tempi.
Ricordiamo però che un buon impianto di raffreddamento è sempre della massima importanza, sia per garantire la massima durata possibile del propulsore che per ottenere le massime prestazioni, e che sulle moto da enduro la ventola è sempre raccomandata, anche se in assenza della stessa non portiamo comunque mai in ebollizione l’impianto. Per notare che “sbuffi” bisogna raggiungere temperature elevatissime, ben più alte di quelle che hanno già effetti notevoli sul rendimento, sulla potenza e sull’aspettativa di vita del motore. Quindi se fate solo pista no, ma se fate enduro impestato la ventola montatela, e che sia una ventola molto potente (almeno 7m³/h / 250CFM), così facendo garantirete un funzionamento del motore più consistente, e una maggiore longevità dello stesso.

L’uso della 1a o la 5a tacca non è sbagliato di per sé, è semplicemente preferibile essere meglio centrati in modo da poter intervenire anche cambiando stagione o altitudine ed evitare es. il rischio di ritrovarsi grassi alla 1a tacca con quel determinato spillo, ma non esistono ragioni di principio per evitare o per considerare la 1a e 5a tacca meno idonee delle altre, se il motore le apprezza. Se non siete ancora convinti: ad esempio, gli spilli N82, N89, N3C, N3E, N8R, N2Z, N4D, N3V, N4A e N6M (come vedremo meglio nel prossimo articolo, dove tratteremo in dettaglio anche i vari spilli e le loro caratteristiche) hanno lo stesso profilo e sono quindi identici tra loro, cambia solo la tacca di riferimento. Ciò significa che se usare l’N3C alla 5a tacca vi sembrasse “improprio”, sappiate che è la stessa identica cosa che usare l’N4D alla 3a tacca. Identica. Chiaramente, è preferibile scegliere una serie di spillo che sia abbastanza “centrata” da permettere tutti gli adeguamenti che possiamo prevedere si renderanno necessari, ma questo non significa che ci siano tacche da evitare per principio.

Se sei molto grasso non sentirai differenza smagrendo solo un po', perché l’eccesso di benzina è talmente abbondante da non fare in pratica alcuna differenza sostanziale (specie nel diminuire i misfire, che è l'effetto che si percepisce più facilmente). Quando invece sei carburato bene, sentirai meglio un eventuale ingrassamento o smagrimento, anche leggero. Se sei troppo magro te ne accorgerai certamente (la descrizione dei sintomi la vedremo tra poco), quindi molte volte il timore è infondato. Nel dubbio, ovviamente, specie se siete ancora inesperti, non bisogna mai giocare con le carburazioni magre, perché portano con sé il rischio di rottura del motore. Ma un carburatorista esperto si accorge immediatamente di una eventuale carburazione magra, perché i sintomi sono molto evidenti, inequivocabili, come vedremo più avanti.

La carburazione si fa sulle aperture del gas, non sui regimi. Purtroppo non è infrequente sentire frasi come “ai bassi sono grasso” o “agli alti sono..”, per quanto siano assolutamente errate. È vero che intuitivamente a piccole aperture del gas corrispondono regimi bassi e viceversa alle grandi aperture del gas corrispondono regimi alti, ma non è per forza così. Ad esempio c'è chi preferisce usare le marce lunghe e quindi spesso si trova ai bassi regimi col gas spalancato, ed è - per quanto sconsigliabile - ugualmente possibile procedere a filo di gas agli alti regimi.
In teoria il carburatore è del tutto indifferente ai regimi, in realtà questo non è possibile per via dei limiti fisici e di implementazione del sistema stesso e del motore, ma in ogni caso anche eventuali correzioni si fanno sulle aperture del gas, non sui regimi. Vedremo, nel prossimo articolo, come ogni regolazione (getto del minimo, vite aria, smusso valvola, fusto, tacca, getto del massimo) abbia un’influenza più o meno ampia centrata su una propria “zona dell'acceleratore" che verrà presa a riferimento per valutare attentamente quella specifica regolazione, minimizzando il più possibile le interazioni con le altre zone / range di apertura del gas.

Mai giudicare una carburazione dalla dimensione dei getti che usa. Un motore che usa un getto del massimo 185 non è necessariamente un motore che necessità o utilizza più benzina di uno che usa un getto 160. Un carburatore da 38mm richiede un getto del massimo più grande di un carburatore da 36mm non perché il carburatore più grande faccia passare più aria (ai bassi regimi, ad esempio, non lo fa, perché nemmeno il 36 rappresenta un limite al flusso d’aria), come si potrebbe pensare, ma perché produce una velocità (e quindi una depressione, per effetto Venturi) minore sull’ugello erogatore (la parte finale del polverizzatore), che va compensata con un getto più grande. Quindi è del tutto possibile che un motore che genera un segnale forte sul polverizzatore, e quindi necessita di un getto relativamente piccolo, aspiri la stessa quantità di benzina di un motore che genera un segnale debole e quindi necessita di un getto più grande per aspirare la medesima quantità di benzina. I numeri, presi da soli, non dicono nulla.

Lo lascio per ultimo, perché è forse l’aspetto più insidioso e importante di tutti, oltre che il meno compreso e meno conosciuto persino da carburatoristi teoricamente molto esperti: una cosa importantissima da tenere sempre a mente quando si carbura un motore è l’esistenza di un “ritardo di risposta della carburazione”, che può produrre enormi grattacapi, falsare deduzioni e considerazioni, e portare quindi facilmente a conclusioni completamente errate.
Nel suo viaggio attraverso il motore la miscela aria/carburante proveniente dal carburatore entrando in contatto con le pareti di collettori e motore tende a depositare (condensare) sulle stesse una parte del carburante, e questo è particolarmente importante sui motori a 2 tempi, per via del voluminoso carter-pompa di cui sono dotati. Questa è la ragione per cui un motore freddo, senza depositi di carburante all’interno (evaporati, come avviene dopo averlo lasciato spento per diverse ore), necessita dello starter per avviarsi a freddo, perché deve ricostituire quella naturale quantità di carburante sulle pareti, e lo farà sottraendolo al flusso di miscela aria/carburante in entrata, smagrendo di fatto la carburazione (da noi però compensata grazie allo starter). Dopo che questi depositi si sono ricostituiti, possiamo (anzi dobbiamo) escludere lo starter, altrimenti la benzina in eccesso arricchirà, questa volta veramente, la carburazione.
Ma quello che va compreso è che questo fenomeno fisico non avviene solo in un motore freddo, appena avviato, ma continua, in forma diversa, anche dopo. Tutte le pareti del motore attraversate dalla miscela tenderanno a mantenere un certo grado di condensa, come un piccolo serbatoio tampone che all’occorrenza (ad esempio durante un transitorio di apertura sull’acceleratore, che per sua natura è una situazione di smagrimento, perché aprendo il gas velocemente la portata d’aria aumenterà subito, ma la benzina essendo un fluido più pesante e viscoso avrà bisogno di più tempo per adattarsi al nuovo flusso, è un limite fisico dei carburatori) cederà ora una parte della benzina depositata sulle pareti, per poi ricostituirla lentamente rubandola al flusso in entrata successivo. L’effetto è comunque positivo perché eviteremo un buco di magro durante il transitorio, con un effetto tampone, e questo senza bisogno di montare una pompa di ripresa, almeno sui motori a 2 tempi che usufruiscono di un “serbatoio tampone” supplementare grazie al carter-pompa.
Ma di questo fenomeno bisogna tenere sempre conto, con molta attenzione. Facciamo un esempio: se sei carburato bene ovunque ma molto magro a gas parzializzato, e fai 300 metri di fila a gas parzializzato e ti fermi, ti sembrerà di essere magro anche al minimo quando invece il motore – ora al minimo - sta solo rubando benzina alla miscela in entrata per ricostituire il livello normale di "umidità" sulle pareti di carter e condotti vari (prosciugatesi prima, a gas parzializzato, dove la carburazione era veramente magra, in gergo si dice che il motore si è svuotato), quindi per qualche secondo il motore sembrerà magro, ma nel frattempo - se inconsapevole di questi meccanismi - avrai avvitato la vite dell'aria o ti sarai annotato nella mente di montare un getto del minimo più grande una volta arrivato a casa.. quando invece il minimo era carburato benissimo, e quindi al prossimo giro avrai una moto che si riempie in discesa. In realtà avevi un problema (di riflesso) a gas parzializzato, quindi nella tacca o serie dello spillo, e a causa di deduzioni errate hai guastato la carburazione al minimo, che prima era perfetta..
Altro esempio: hai il minimo ottimamente carburato, ma questa volta sei molto grasso a gas parzializzato. Dopo aver percorso un pezzo a questa apertura del gas, il motore come si dice in gergo si sarà riempito, ossia i depositi di benzina sulle pareti (che tendono sempre a stabilizzarsi ad un valore proporzionale al titolo della miscela) saranno ora sovrabbondanti. Chiudendo il gas, pur essendo il minimo ottimamente carburato, il motore non riuscirà comunque a smaltire quegli eccessi di benzina precedentemente accumulati che ora cominceranno a staccarsi e a unirsi al flusso di miscela, e si ingrasserà, senza riuscire a ripulirsi anche per via della combustione sempre lenta e parziale che avviene alle basse pressioni di combustione (gas chiuso). E, nel caso del 2 tempi, compariranno anche le famigerate pistonate in rilascio, a nulla servirebbe smagrire il minimo, quando il problema è semplicemente stato ereditato da una condizione precedente.
Questo fenomeno è presente a tutte le aperture del gas, dal minimo fino al gas spalancato, quindi quelli fatti sopra sono solo alcuni esempi indicativi.

Anche per questo ritengo che quelle carburazioni "altalenanti" (magra in primissima apertura del gas, grassa a ¼ del gas, poi magra a metà gas, poi grassa di nuovo.. tipiche degli spilli N8R/N2Z/N4D) siano un inferno, non solo non funzionano di per sè, ma si trascinano dietro effetti nei cambiamenti di apertura del gas che le rendono inconsistenti e pure fonte di confusione se non si ha l’esperienza necessaria per riconoscere cause ed effetti di questo “ritardo di risposta della carburazione”, che a gas spalancato, col motore che divora benzina rapidamente, dura solo pochissimi secondi (dopo di che la carburazione si stabilizza al valore reale a quella apertura del gas), a gas parzializzato dura circa 3-8 secondi (valore assolutamente approssimativo e dipendente soprattutto dagli scompensi che si devono correggere), e al minimo anche 10-30s, quindi per valutare la carburazione ad una certa apertura del gas è importante lasciargliela per un tempo sufficiente, in modo che si stabilizzi al titolo miscela realmente fornito dal carburatore.
Se parti carburato bene a tutte le aperture del gas non avrai di questi effetti di riflesso, inoltre se parti a bassa quota e sai che dovrai salire di altitudine puoi benissimo partire con una carburazione molto pulita, incontrando quindi in quota una carburazione certamente più grassa, ma comunque ancora perfettamente funzionante e senza scompensi ad alcune aperture del gas.



Come riconoscere una carburazione magra da una grassa.

Il singolo strumento più importante di cui il carburatorista deve disporre (e allenare assiduamente, nel caso sia un aspirante carburatorista) è la capacità di "sentire" la carburazione, rendendosi subito conto se è ottimale (dal punto di vista della combustione), o se va smagrita oppure ingrassata.
Questa capacità fondamentale si può (e si deve) acquisire con l’esperienza. Se non si è capaci di distinguere con facilità, immediatezza e certezza una carburazione troppo grassa da una troppo magra, è inutile (anzi, pericoloso) mettersi a fare le carburazioni.

Esiste, a mio parere, una carburazione "ottimale", ed è quella che ci chiede il motore, in altre parole è quella che produce le prestazioni massime. Vi possono poi essere considerazioni soggettive (ad esempio il motore risulta troppo nervoso e reattivo per i nostri gusti, e non disponiamo di altri sistemi - una PowerCDI col suo Controllo Dinamico della Potenza - per renderlo fruibile) o di altra natura (ad esempio per compensare un impianto di raffreddamento insufficiente) che ci suggeriscono o impongono di carburare diversamente, ma intanto noi dobbiamo essere in grado di sentire cosa ci comunica il motore e considerarla la carburazione di riferimento (qualunque sia il rapporto aria/benzina, che nemmeno ci interessa conoscere perché come abbiamo visto è un dato che in senso assoluto non ci dice quasi nulla) per poi ingrassare o smagrire in base alle altre considerazioni.
Quindi, in sostanza, esiste una carburazione ottimale, che è quella che a parità di tutto il resto (apertura gas, regime, pendenza della strada, ecc..) produce la coppia motrice (o l’accelerazione, che è la manifestazione diretta della coppia motrice) più elevata possibile, e di conseguenza esistono anche carburazioni "più magre" o "più grasse" di quella ottimale, chiaramente con vari gradi di intensità. Come facciamo a riconoscere se siamo più grassi o più magri, di tanto o di poco?

Un modo "spiccio" per sperimentare la carburazione magra è chiudere il rubinetto del serbatoio della benzina mentre ci troviamo su una strada dritta in piano e manteniamo il gas costante e parzializzato: pochi istanti prima che "finisca la benzina", il livello della vaschetta del carburatore si abbasserà e sperimenteremo una carburazione sicuramente magra, ma durerà poco. La sensazione che avvertiremo poco prima che finisca la benzina è proprio la carburazione magra, in questo caso a gas parzializzato. È possibile farlo anche da fermi, in modo da “sentire” la carburazione magra al minimo. Non fatelo però a gas spalancato, in salita rischiereste di fare danni, e comunque vista la rapidità con cui il motore divora benzina a quelle aperture del gas, anche se lo faceste in pianura con una buona carburazione di base e con un buon raffreddamento, quindi senza rischi per il motore, non avreste comunque il tempo di cogliere gli effetti, che il motore si sarà già spento.

Per sperimentare in maniera "spiccia" una carburazione grassa alcuni consigliano di azionare lo starter mentre si è in movimento, ma è un metodo che sconsiglio fortemente per due ottimi motivi: il primo è che sotto 1/4 di gas il motore si riempie talmente velocemente di benzina da bagnare la candela in pochissimi secondi, specie se chiudete il gas e/o se si partiva da una carburazione già grassa. Il secondo, e ancora più importante, è che (vista la posizione del pomello dello starter, sul corpo carburatore) non tutti sono in grado di coordinarsi bene in questa operazione che, specie su una strada aperta al traffico, potrebbe essere anche molto pericolosa. Quindi il mio consiglio per sperimentare la carburazione grassa è quello di usare getti e/o tacca di spillo volutamente sempre più grassi, e valutarne via via gli effetti, memorizzando le sensazioni. Lo stesso consiglio non vale per sperimentare con la carburazione magra, perché se percorrete troppa strada in queste condizioni (utilizzando getti o tacche eccessivamente magri) rischiate seriamente di danneggiare il motore, quindi in questo caso utilizzate il metodo del rubinetto della benzina, tranne per sperimentare con carburazioni solo lievemente magre.

Volendo dare una descrizione verbale, che vi servirà solo come riferimento per il vostro comunque indispensabile “addestramento” su strada ad affinare la sensibilità alla carburazione, al minimo una carburazione ottimale produce, a parità di altezza della valvola gas (vite del minimo), il regime più alto nonché stabile possibile. Una carburazione magra produce un regime più irregolare, che con una carburazione molto magra diventa molto irregolare (il regime si alza e si abbassa continuamente in maniera incostante, come se stesse per finire la benzina), con facilità di spegnimento del motore e rumore di combustione esile. Se siamo magri di minimo ce ne accorgiamo anche dal fatto che tirando la frizione e mettendo il cambio in prima, già il solo trascinamento della frizione è sufficiente per far calare il regime del minimo, perché il motore ha sì una tendenza a salire di giri con facilità (senza carico) ma non ha realmente forza. Inoltre, quando al minimo siamo molto magri, spalancando il gas velocemente avremo un “buco di magro”, ossia una seria esitazione (o un vero e proprio spegnimento immediato, nel caso peggiore) del motore che non cesserà finché non toglieremo il gas. Alcuni motori sono molto sensibili a questo problema, altri di meno, ma in ogni caso non è mai e per nessun motivo consigliabile essere magri. Questo però non significa che essere grassi sia un bene, per quanto tra le due cose sia sicuramente preferibile quest’ultima. Una carburazione grassa al minimo produrrà un regime del minimo inferiore rispetto alla carburazione ottimale, un suono più cupo (maggiore è l’eccesso di benzina, più cupo sarà il suono) e una pigrizia a prendere i giri dopo aver spalancato rapidamente il gas, fino a far borbottare e anche rattare il motore, ma difficilmente (a meno di eccessi veramente notevoli) produrrà uno spegnimento: in genere con una carburazione troppo grassa lo spegnimento (e conseguente candela bagnata) viene comunque preceduto da un calo di regime, e nuvole di fumo allo scarico, quindi non si tratta mai di un vuoto completo e improvviso, come quelli da carburazione molto magra, ma di un peggioramento continuo, fino all’eventuale spegnimento.

Alle altre aperture del gas la sostanza non cambia, ma i sintomi sono chiaramente diversi perché si inizia a sviluppare anche una certa potenza. A gas parzializzato, sui motori a 2 tempi una carburazione grassa aumenterà la tendenza del motore a “fare il 4 tempi” (o “fourstroking”, termine anch’esso molto utilizzato), che è quel caratteristico “trottare” dei motori a 2 tempi, ed è dovuto a misfire (mancate combustioni) molto regolari, ossia a causa di un lavaggio insufficiente abbiamo un eccesso di residui di gas combusti che, nonostante la scintilla scocchi regolarmente, impediscono la combustione un giro motore si e uno no, permettendola quindi solo a giri alterni, e più la carburazione è grassa e più noteremo che dal fourstroking i sintomi peggiorano fino a rattare (cosa che avviene più facilmente ai regimi più elevati con la valvola parzializzatrice allo scarico ancora chiusa (5000 RPM circa) e poi di nuovo con questa aperta, ma ora sopra gli 8500 RPM circa, perché sono i regimi in cui il motore fa più fatica a liberarsi dei gas combusti residui, e dal momento che questi sono ancora ossidabili (es. il monossido di carbonio, non pensiate solo agli idrocarburi incombusti) “sottraggono ossigeno”, e per questo hanno di fatto un effetto ingrassante sulla carburazione), in generale la carburazione grassa causa lentezza/pigrizia del motore a salire di giri, con un suono relativamente cupo e soffocato, fumo allo scarico, e se ratta a lungo il motore si riempirà in poco tempo sempre di più fino addirittura a singhiozzare e da lì in poi il motore può persino cominciare a scendere di giri, fumare ancora di più (tanto) e infine la candela si bagna o si brucia e il motore si spegne, ingolfato. È molto comune sulle nostre moto trovare una carburazione troppo grassa a gas parzializzato, per tutta una serie di ragioni che vedremo e comprenderemo meglio nel prossimo articolo, ma è possibile risolvere questo problema, avendo le conoscenze che acquisiremo.
La carburazione magra a gas parzializzato contrasta la naturale tendenza del motore a 2 tempi a fare fourstroking ma, per contro, se si esagera causa un comportamento nervoso e inconsistente, un calo di potenza e surriscaldamento del motore. È facilmente riconoscibile sia dal suono allo scarico piuttosto esile che dalla risposta al gas molto scattante ma immediatamente dopo fiacca (soprattutto sotto sforzo, es. in salita o utilizzando marce lunghe).
A gas parzializzato il motore va carburato in modo che sia pulito, ma mai al punto da essere magro, nel caso si utilizzi spesso il gas parzializzato e costante, mentre se si predilige una guida più aggressiva, fatta di continui apri e chiudi dell’acceleratore, è bene carburare un po’ più grassi questa parte del gas, ciò è necessario per controbilanciare il naturale smagrimento che avviene nel transitorio rapido di apertura del gas come abbiamo visto prima, caratteristico di tutti i carburatori dotati di valvola gas comandata direttamente dall’acceleratore. C’è chi poi esagera e inonda letteralmente il motore di benzina, usando carburazioni grassissime, per causare volutamente il fourstroking e oltre, e impedirgli quindi di salire di giri, se non aprendo molto di più il gas. È un sistema per rendere il motore più controllabile molto primitivo e molto utilizzato, ma tutt’altro che esente da problemi, specie in quei percorsi dove non si abbia la possibilità di ripulire all’occorrenza il motore, che così perde completamente di reattività, e quindi della possibilità di saltare ostacoli (tipici dell'enduro più tecnico) con un colpo di gas.

I sintomi di una carburazione grassa a gas spalancato sono molto simili: una carburazione leggermente grassa per prima cosa fa perdere l'allungo (il fuorigiri) e può far rattare il motore in particolare in entrata di coppia, entrambi regimi dove abbiamo visto che il lavaggio non è molto efficace e i gas combusti ristagnano facilmente, i quali oltre a causare misfire e surriscaldamento del pistone, hanno anche un effetto ingrassante. Se è ancora più grassa si passa al rattare in continuazione, fino all'affogare e spegnersi, il tutto avvolti da una coltre di fumo. Uno dei problemi di una carburazione eccessivamente grassa a gas spalancato (quindi di un getto del massimo troppo grande) è che non è possibile aprire il gas ancora di più per pulire il motore..
Col diffuso timore (spesso ingiustificato) di essere magri a gas spalancato, è veramente difficile trovare una moto che abbia un getto del massimo troppo piccolo, anche se vi sono stati certamente dei casi, conclusisi coi classici grippaggi o con buchi sul pistone (da preaccensione). Riconoscere una carburazione magra a gas spalancato non è, secondo me, più difficile che ad altre aperture del gas, si ha sicuramente meno dimestichezza col fenomeno perché capita molto più raramente di incontrarlo rispetto ad altre aperture del gas, per ovvi motivi (e in generale carburare leggermente grassi a gas molto aperto è cosa assolutamente giusta, non lo è, secondo me, attorno a 1/4, dove il motore a 2 tempi ha un lavaggio pessimo e non ce la fa a ripulirsi dai gas combusti e quindi soffre particolarmente le carburazioni grasse, come abbiamo già visto parlando del fourstroking). Il motore che a gas spalancato sia magro appare reattivo, ma inconsistente. Basta che vada sotto carico (es. in salita) e perde potenza, addirittura se spillo e tacca sono giusti ma il getto del massimo è troppo magro, se dal gas spalancato si toglie un po' di gas (portandolo es. a 3/4) il motore aumenterà le prestazioni anziché diminuirle (segno inequivocabile di un getto del massimo pericolosamente sottodimensionato). Ecco, qui si deve assolutamente e immediatamente intervenire, aumentando il getto del massimo.

Non meno importante della risposta al gas costante è la risposta ai transitori, perché le aperture rapide del gas sono situazioni in cui avviene uno smagrimento che, se fosse eccessivo, produrrebbe “vuoti” o addirittura improvvisi spegnimenti, e sui carburatori non dotati di pompa di ripresa l’unico modo per contrastarli è carburare più grassi del dovuto. Un carburatore con diffusore più piccolo (ad esempio un 36mm anziché un 38mm) è meno soggetto a questo problema, e va detto anche che alcuni modelli di moto lo sono più che altri.

Questi sono i sintomi, invece la procedura per scegliere lo spillo e regolare tacca e getti la vedremo dettagliatamente nel prossimo articolo, dove passeremo ad affrontare gli aspetti pratici della carburazione per regolare in maniera ottimale i vari circuiti da cui è composto il nostro carburatore, ma se i concetti espressi sinora non verranno assimilati alla perfezione e a livello intuitivo, sarà impossibile operare con la consapevolezza necessaria. Vi raccomando quindi, oltre a padroneggiare questi concetti teorici, anche e non di meno di fare quante più prove di carburazione vi è possibile, in modo da essere pronti a riconoscere eccessi di benzina o di ossigeno a tutte le aperture del gas con la massima immediatezza, sicurezza e confidenza, altrimenti non riuscirete mai a carburare un motore nemmeno leggendo ripetutamente la presente guida.

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ULTIMO AGGIORNAMENTO: 16 Dicembre 2017